Paolo Verri
Leggi i suoi articoliSi gioca nei prossimi dieci anni la sfida culturale della macro regione Sud-est, terrà testa al Nord-est. Prima la Puglia e poi la Basilicata hanno fatto da modello. Design e innovazione sono le parole chiave per uno sviluppo che duri nel tempo. Ma anche la politica deve mantenere la rotta e le volontà giuste
Diciamolo: ormai le attese non sono più per questo straordinario 2019, ma per i prossimi dieci anni del Sud come motore della cultura nazionale. Sono tre lustri che Napoli e la Campania prima, Bari e la Puglia poi, ora Matera con la Basilicata indicano strade possibili per dare sostanza vera all’integrazione tra le politiche socio economiche e le opportunità turistiche dei territori. Grazie a due ottimi aeroporti guidati da manager capaci e coraggiosi, grazie a un tessuto creativo molto vivace ancorché spesso frammentato e talvolta insofferente a una governance pubblico privata di modello anglosassone, la macro regione sud attende ora una forte affermazione della Calabria per ritenere completato un efficace percorso di crescita.
Puglia modello turistico, Basilicata giardino d’Europa
La Puglia è stata un esempio nazionale con dieci anni di intuizioni, progetti e promozioni, offrendo una regione aperta a tutti, capace di affascinare giovani italiani e turisti internazionali, allargando poco a poco il perimetro di azione sia in termini geografici che temporali. Prima fu la Valle d’Itria, poi il Salento, poi le città capaci di affiancare la veracità del prodotto mare e food con un’offerta culturale di straordinaria vivacità.
Il modello Puglia, quello di Bollenti Spiriti e di Apulia Film Commission, quello di Puglia Promozione e della riqualificazione urbana che trasforma il medievale e il barocco quali piattaforme per il contemporaneo, è a disposizione della vicina Basilicata, che nonostante le diverse dimensioni, soprattutto di popolazione, è riuscita in poco tempo ad attrezzare strutture molto simili e soprattutto altrettanto efficaci: Visioni Urbane e Lucana Film Commission, Apt Basilicata e restauri non solo conservativi hanno portato alla ribalta questo segreto giardino d’Europa che dal 1993 cercava rilancio e fiducia.
Oggi una capitale, domani tante candidature
La nomina di Matera a Capitale Europea della Cultura ha suggellato un quarto di secolo di lavoro collettivo che in qualche misura ha gratificato tutte e due le regioni: nella competizione per il titolo previsto per il 2019 la Puglia aveva messo in gioco, giustamente, Taranto, ma forse senza la dovuta convinzione da parte della società civile quanto di quella politica. Dopo Matera 2019, molte altre città del sud proveranno sia la strada di capitali italiane della cultura (toccata a Lecce nel 2015, ma per pochi mesi come compensazione della mancata nomina per il 2019, e sfruttata al sud molto bene da Palermo nel 2018) e forse anche quella lunga, dispendiosa ma appassionante per il 2033, quando toccherà di nuovo all’Italia ospitare il titolo continentale.
Nel frattempo?
La Basilicata, con una giunta regionale neoeletta, un nuovo sindaco a Potenza e le elezioni a Matera nel 2020, deve decidere se tenere la rotta «culturale» che le ha dato tanta notorietà e crescita turistica, ma che non si è ancora abbastanza convertita in attrazione di talenti e imprese: la sfida del 5G, il raddoppio del Campus il rafforzamento del polo universitario e cinematografico con la nomina a seconda sede del Centro Sperimentale di cinematografia da affiancare al Centro per il Restauro non potranno che consolidare questo percorso in termini quantitativi. Ma dal punto di vista qualitativo la città lucana è oggi conosciuta soprattutto come centro di cocreazione in cui il ruolo dei cittadini è pari se non prevalente rispetto al ruolo degli artisti. Si tenterà di rafforzare questa centralità acquisita anche a livello di formazione diffusa? Si riuscirà a fare ancora più programmazione economica di medio periodo collegata alle istanze di produzione culturale? La Puglia dovrà decidere del pari, con le elezioni regionali del 2020, se far convergere ancora di più distretti culturali e distretti tecnologici, puntare sulla robotica tanto nell’aerospazio e nell’automotive quanto nel cinema e nell’audiovisivo. Le aree produttive del Salentino e del Melfitano, così affini dal punto di vista della struttura produttiva, potranno davvero essere motori di una macroregione Sud-est che sfidi il Nord-est in termini di visione e concretezza.
La cultura non è un passatempo. È il motore dei territori
Design e innovazione sono le parole chiave per una contemporaneità non solo al servizio di un turismo di piccolo cabotaggio e di breve respiro, ma piuttosto di un progetto di connessione fra le sponde occidentali e quelle orientali del Mediterraneo. Bari, con la conferma di Antonio Decaro quale sindaco, potrà fungere da motore di tutto il sistema in oggetto: naturali i legami con il resto della sua regione, forti per consuetudine e stile anche quelli con Matera e la Basilicata. Il sindaco sa bene che a questi territori non manca la capacità di utilizzare la cultura per includere: infatti è chiaro ormai a molti che chi fa cultura non si occupa di «far passare il tempo» al pubblico, ma piuttosto di fare ricerca sociale avanzata. Se questo è vero in tutta Europa, è particolarmente vero e importante in Puglia e Basilicata. Che filoni originali nascano e si sviluppino da queste parti dovrà essere l’eredità tangibile di questi ultimi dieci anni di lavoro collettivo, di cui Bari potrà essere una vetrina consapevole. Se ne potrà discutere con il Governo e con i ministri in carica?
Conclusioni
Si avrà il coraggio di velocizzare anche la tratta Bari-Napoli in alta velocità? In quanto tempo? Si metterà mano a linee ferroviarie storiche per rafforzare il turismo di prossimità ma anche quello di lunga gittata? È indispensabile che contenuti e contenitori si parlino di più e meglio di prima. Altrimenti ci saremo giocati (male) sia il futuro che il passato.

Uno degli spettacoli di quest'anno del Festival della Valle d'Itria: «Per tutti!». Foto di Clarissa Lapolla
Altri articoli dell'autore
Per il pedagogista e amministratore la società della conoscenza era l’unica possibile